mercoledì 27 aprile 2011

10- Le veniva dal cuore.

Gin continuava a bere. Erano troppi i soldi che aveva in tasca ogni giorno. Forse, era l'unica cosa che non le mancava.
Quella sera Gin bevve troppo, bevve veramente troppo.
Vale si reggeva in piedi a malapena ma ad aiutarla c'era Sam. Gin venne aiutata da Tia.
"Tia, devo correre in bagno"
"Merda Sam, non la posso portare a casa in queste condizioni. Sei una testa di cazzo. Che cazzo ti è saltato per la mente di far bere due che non potrebbero toccare alcool, e io che ti do pure retta, mongoloide"
"Tia cazzo, stai calmo"
"Stai calmo un cazzo, guarda com'è ridotta Gin"
Tia era incazzato, incazzato nero. Gin continuava a vomitare.
"Tia, chiama i miei, ho il numero nel cellulare, prendilo"
"Un cazzo Gin"
"Fal.."
Brup. Altra scossa dallo stomaco, altra anima che ne usciva.


Sam intanto stava baciandosi con Vale, ubriaca fradicia. Se n'era approfittato ma poco gli importava. Non le piaceva particolarmente, voleva una botta e via.


"Gin stai meglio?"
"Si, grazie Tia"
"E di che?"
"Boh, ti ho evitato fino ad ora e tu mi aiuti beh, grazie"
"Siamo amici no?" disse Tia facendo l'occhiolino.
Non era poi così stronzo come Gin pensava. L'aveva aiutata, anche tanto.
Si alzò dal pavimento freddo sopra il quale era inginocchiata a rimetter l'anima, guardò Tia negl'occhi per bene. Si rese conto che erano di quell'azzurro cielo, che non aveva mai visto così da vicino.
Erano a pochi centimetri di distanza, troppo pochi. Girò il viso, si fece dare un bacio sulla guancia.
"Ma.."
"No, capiscimi"
"No, non capisco"
"Esco da una storia difficile, Tia""Cosa?"
"Eh, non sai un pò di cose"
"Ti va di raccontarmele"
"Se proprio devo"
E fu così che allora Gin iniziò:"Si chiama Fili, eravamo in classe insieme, l'anno scorso. In seconda media era il mio migliore amico, poi io m'ero presa del suo migliore amico e puff, salta in aria l'amicizia"
"Perchè?"
"Perchè pensava che lo usassi per arrivare a Dan, il ragazzo a cui ho fato il mio primo bacio"
"Ah, vabbè tutto qui?"
"No. Poi in terza media mi piaceva. Lui mi chiedeva sempre di uscire, io ero presa dallo studio. Dan intanto mi aveva lasciato dicendomi che era ancora preso della sua ex. E' stato un colpo, un duro colpo ma l'ho superato. Fili era dolcissimo, mi riempiva di coccole e messaggi. Pensavo di amarlo, ma mi sbagliavo."
"Uhm e poi?"
"Poi cosa? Poi è sparito, puff. Neanche avessi una bacchetta magica che fa sparire le persone a cui tengo di più dalla mia vita"
"Beh, stai mentendo"
"No, non credo proprio"
"Io ci sono"
Quelle parole avevano provocato in Gin brividi che andavano dalla testa fino alla punta dei piedi, ma fece finta di niente.
"Chi ti dice che tu ne faccia parte"
"Te lo si legge negl'occhi"
"Beh, sbagli"
"Sicura?"
Un secondo, due, tre. Gin non rispose. Guardò negl'occhi Tia senza il coraggio di dargli una risposta.
"Okay, avevo ragione"
"Beh, veramen.."
"Shh, non giustificarti. Ti porto a casa ora, che è tardi""Ma non devi"
"Infatti, non sono obbligato, ma ho voglia"
"Beh grazie"
Quella volta era sincero il grazie di Gin. Le veniva dal cuore.

lunedì 25 aprile 2011

9- Due birre grandi e due mojiti.

Gin e Vale uscirono da ristorante. Conoscevano bene il proprietario, era un ragazzo sulla trentina abbastanza simpatico. "Facciamo un giro?"
"Va bene, tesoro"
Quella sera volevano dimenticare tutto. Volevano godersi uno degli ultimi giorni in quella città che si era spesso dimenticata di loro, che non prestava attenzione a due adolescenti.
"Ohoh"
Gin che era girata verso Vale guardò improvvisamente avanti, vide Tia. Il cuore le batteva a milla, faceva come se volesse uscirle dal petto.
"Ei ragazze che ci fate qui?"
Mentiva. Sapeva benissimo che sarebbero state li, l'aveva avvisato Sam, il suo migliore amico. Le aveva viste che prendevano l'autobus, tornando a casa. Ecco, potevano solamente essere dirette verso quel posto che la sera diventa luogo di movida.
"Ma ci segui?"
"No, sto aspettando Sam"
"Ah, boh è strano però"
"Si, sarà destino"
"Non ci credo molto io"
"Fai male dovresti"
Intervenne Vale a salvarmi da quella conversazione un pò stupida."Perdonaci, noi ora dobbiamo andare"
"Non volete fare un giro con noi?"
"Se proprio ne avete voglia"
"Certo, vi offriamo qualcosa da bere"
"Allora vada per due mojiti"
Gin la fulminò, ma Vale fece finta di niente. Infondo lo faceva per renderla felice, ma per Gin quello stava diventando un incubo. Avrebbe preferito passare una serata a casa con sua madre piuttosto che con Tia.

Bip-bip. Era il telefono di Gin.
"Chi cazzo è ancora" pensò. Era Bea "Ei bella, domani vieni da me?". "Sì", quella fu l'unica risposta di Gin. Fredda e distaccata, ma solamente perchè era incazzata con quel Dio che si divertiva a metterla in quelle situazioni, prima con Fili, poi con Tia.

Arrivò Sam, era entrato in un locale a fare pipì. 
"Dove ci portate di bello?"
"Planet"
"Oh bella"
Sulla faccia di Vale era comparso un sorriso enorme, Gin invece odiava quel posto. Odiava la musica house, odiava le discoteche, odiava la gente che le frequentava.
"Ehi Gin perchè per una sera non provi a divertirti?"
"Ma Vale io mi stavo divertendo finchè non è arrivato Tia"
"Massì, divertiti e basta. Non pensare che ci sia Tia, pensalo come un amico"
"Ci provo"

Camminarono per trecento metri, giusto il tempo di arrivare. C'era un gruppo di ragazzi fuori che probabilmente stavano aspettando l'arrivo di qualcuno per entrare. 
"Quattro ingressi"
"32 euro, per favore""Eccoli"
"Ei grazie Tia, grazie Sam" risposero Vale e Gin all'unisono.
Entrarono da quella porta scorrevole, le luci erano basse e alcune persone stavano ballando.
"Cosa volete da bere"
"Per me un mojito"
"Anche per me grazie"

Vide Tia che si allontanava mentre prendevano posto. 
"Allora Gin, ti piace Tia?"
Oddio, momento di imbarazzo"
"Ma ste domande?" 
Scoppiò una risata tra il nervoso e la difensiva. Sam continuò.
"No, sono serio, ti piace?"
"Ma è un mio amico"
Dietro arrivò Tia con due birre grandi e due mojiti.
"Di che parlavate, ragazzi?"
"Ma di niente, mi stavo facendo un pò i fatti della tua ragazza"
In quel momento Gin e Tia fulminarono Sam, che dall'imbarazzo guardava Vale cercando appoggio.
Vale rideva, era piegata in due.
"Che cazzo ridi Vale?"
"Oh, senti sta canzone Gin, dai andiamo a ballare"
"Ma..verame..."
Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò in mezzo alla pista con Vale, ballrono. 
Gin sentì che la tensione si stava scaricando nel giro di un nano secondo, era quello che voleva.

8- "Eh, s'è risolta la situazione?"

"Gin, vado a pagare"
"Aspetta ti do i soldi"
"Figurati, stasera offro io"
"Ma.."
"Offro io tranquilla""Grazie Vale"
Gin aveva problemi in famiglia. La madre troppo pressante, il padre che le voleva un bene dell'anima e cercava di proteggerla da quella madre che tutto faceva tranne che quello. Sapeva benissimo com'era fatta, sapeva che Gin era fragile. Era consapevole che da sola sarebbe crollata miseramente, s'era sempre sostenuta sulle sue spalle. Sulle spalle dell'uomo della sua vita come diceva sempre. 
Era un misto d'odio amore con il padre. Sicuramente prevaleva l'amore che provava nei suoi confronti. Lo rispettava e lo stimava. Era il suo modello. Voleva diventare esattamente come lui, sapendo però che non ce l'avrebbe mai fatta.
La madre sembrava quasi avesse due facce. Una la mostrava quando vedeva gli amici di Gin (rare volte). Odiava stare in compagnia, e odiava più di tutti che Gin fosse il suo opposto. Gin ama il prossimo, si sacrifica sempre, prendendola nel culo. La madre invece è una di quelle che invece te la mette in culo. Aveva fatto tanti pianti per lei, tante lacrime buttate nel cesso. Lei non si meritava le sue lacrime ne tantomeno di avere una figlia come Gin. Non è la figlia che tutti i genitori vorrebbero avere, no.  Non è perfetta, ma Gin è sempre stata disposta ad andare incontro a sua madre, se solo l'avesse fatto anche lei. 
Gin non poteva confidarsi con lei. Rischiava che poi tutto le si rivoltasse contro, che le cazzate che diceva poi le segnassero alcuni eventi, come già successo in passato. Era la madre che voleva decidere i suoi amici, che voleva obbligarla a uscire con gente di un certo livello, quella con cui anche lei ne avrebbe indubbiamente tratto dei vantaggi. Era egoista e non aveva mai una parola buona con lei. L'unica cosa che ormai Gin potesse fare era risponderle. Qualcuno diceva che il dolore di una madre quando la figlia si ribella a lei è enorme, ma questo non credo sia il suo caso. Non perdeva mai l'occasione di sminuirla, di dirle che aveva qualche chilo in più e darle della troia se usciva con una gonna sopra il ginocchio. Bloccava la sua libertà, le bloccava l'aria, senza neanche rendersene conto probabilmente. 
Gin aveva sempre odiato il suo metodo d'apprendimento ed educazione e aveva sempre fatto riferimento sul padre. Non aveva una figura materna che potesse darle soddisfazione. Vedeva solamente una donna insoddisfatta e piena di complessi mentali che la condizionavano. 
Parecchie volte aveva detto che se ne voleva andare, parecchie volte l'ha fatto.
"Gin, a che pensi?"
"A mia madre"
"Eh, s'è risolta un pò la situazione?"
"No, ma ci sono abituata"
Si era ridotta a dire sempre "Ci sono abituata". Ci soffriva, non lo dava a vedere. Diceva di odiarla, ma le voleva bene, nonostante tutto ciò che le diceva. 
Vale parecchie volte l'aveva aiutata in situazioni difficili, ma questa non riusciva a trovare né capo, né coda.
La considerava una stronza perchè no, Gin non se lo meritava. Gin si sarebbe meritata una madre che l'ascoltasse e la capisse. Le sembrava strano, l'aveva avuta giovane e le aveva sempre rinfacciato di rovinarle l'esistenza.
Beh, ora riversava tutto il suo tempo perso dietro a lei in parole che non son degne di una madre. In parole che nessuna figlia vorrebbe mai sentirsi dire.


7- "Volete ordinare?"

Squillò il cellulare, era la mamma di Gin.
"Dove sei finita?"
"Sono in palestra da Vale, ti spiego quando torno a casa"
"No, a casa ci torni ora. Ti aspettiamo da un'ora"
"Mangiate, io non ho fame"
Chiuse la chiamata. Altre storie non ne voleva. Voleva solamente tornare quella che era, con i suoi mille difetti e quei pregi che non trovava mai. 
"Ascolta tua madre"
"Sarei antipatica, non ne ho voglia"
"Ma è sempre tua madre!"
Gin non l'ascoltava più, o se lo faceva le cose le passavano da un'orecchio all'altro. Non era per cattiveria, ma Vale non aveva mai provato qualcosa per un ragazzo. Privilegiava l'amicizia, e faceva bene.
"Pizza?"
"Vada per la pizza. Dove?"
"Navigli, no?"
"Avviso mia madre"
"Anche io"
Erano due amiche, due corpi divisi e un'anima sola. Due menti che la pensavano differentemente, ma due cuori che quando erano insieme battevano contemporaneamente. 

A qualche centinaio di metri di distanza si trovava Tia. Sdraiato sul letto aspettava che Gin si connettesse a quel maledettissimo social network di cui era sempre stata dipendente. Mezz'ora, un'ora, due. 
"Okay, le mando un messaggio" pensò tra sé e sé.
Scorse velocemente la rubrica, fino ad arrivare alla G, lettera che neanche tanto amava ma che addosso a Lei risultava magnifica.
Scriveva e cancellava, come se le parole non le trovasse, come se fossero volate via dalla sua mente. Sentiva che le parole che voleva usare erano tutte troppo banali. Voleva parole intense per Lei, ma non sdolcinate. Voleva parole raffinate e ricercate, voleva amore. S'addormentò tra un pensiero e l'altro. Sul cellulare si vedeva una barretta lampeggiare, il messaggio era scritto.

"Volete ordinare?"
"Si, una pizza margherita, una marinara e due birre grandi"
"Birra?"
"Si, taci"
Voleva bere quella sera, non sapendo che da li a poco si sarebbe trovata faccia a faccia con il suo peggior incubo. 

venerdì 22 aprile 2011

6- Era un piccolo Peter Pan, mai cresciuto.

Era come se tutte le sue convinzioni e quei castelli fossero crollati nel giro di tre secondi.Come se per molto tempo fosse stata male per una cosa di cui non gliene importava un cazzo. Come se per molto tempo fosse stata falsa e avesse pianto su cose sterili. Non sapeva da che parte girarsi. Accellerava il passo, poi subito lo diminuiva. Si sentiva un'idiota. Non sapeva se tornare indietro da Tia per parlargli ancora un pò, o andare avanti, tornare a casa. Optò per la seconda, com'era solita fare e sfuggiva dai problemi. Se ne andava perchè era stufa di tutte quelle palle che si raccontava e che s'era raccontata fino ad ora.
Sentì qualcuno che la fermò da dietro, che le bloccava il braccio. Era Tia, che con quegl'occhi azzurri la penetrava dentro.
"Lasciami"
"Che hai?"
"Ti ho detto che non ho niente. Ora lasciami"
"Come vuoi...Buona serata, Gin"
"Ciao"
S'era pentita di quella risposta fredda e indifferente. Sapeva benissimo che se solo Lui gliel'avesse chiesto, lei sarebbe andata in capo al mondo. 
"Sei una cretina"
"Si, lo so"
Si limitò a dire solamente tre parole, non aveva voglia né di parlare né di dar spiegazioni. 

"Che è successo?"
"Boh, m'ha strattonato via"
"Si, magari è una giornata no. Lasciala stare"
"Dopo provo a scriverle"
"Fai come credi"
Queste le parole tra Tia e Sam.
Chris se n'era andato, non aveva voglia di sentire le minchiate che raccontava Tia, né tantomeno era in grado di sorbirsi un interrogatorio tipo "Come ti sembra?" "Ma allora, avevo ragione?", o cose simili insomma. Era un'anima solitaria. Amava stare in compagnia ma delle volte lo vedevi che si metteva in disparte, con il suo IPod. Era un piccolo Peter Pan, mai cresciuto. Aveva sedici anni, tante sigarette alle spalle, una storia difficile, una situazione familiare che non gli piaceva, ma nonostante tutto aveva un sorriso per tutti. 
L'aveva riservato anche a Gin, quel pomeriggio. Non le stava particolarmente simpatica, non sembrava fosse una di quelle "easy", sembrava piuttosto una che stava sulle sue, che le esperienze le avesse provate solo lei e che se ne vantasse. Odiava dare giudizi affrettati, ma lei gli dava proprio questo parere.

Intanto non molto distante da li, Vale e Gin stavano parlando.
"Dai Vale, t'accompagno in palestra che di tornare a casa non ho voglia"
"Ma è tardi"
"E chi se ne frega"
"Okay, come vuoi"
Vale non aveva più voglia di starle dietro come una madre, ora Gin avrebbe dovuto cavarsela da sola, o almeno così credeva.

5- "Vale cazzo, è tardissimo. Devo tornare a casa"

"Perchè piangi?"
"No niente, non preoccuparti"
"Smettila di fare la sostenuta, delle volte parlare fa bene"
"Ti ho detto che non ho niente"
Intervenne Vale, finalmente. Speravo capisse quel che non volevo dirle, ma come sempre mi legge dentro, è una cosa incredibile.
"Ciao ragazzi, la porto al parco"
"A dopo Vale.. Ciao Gin"
Odio le risposte a coro, odio ancor di più che Tia faccia parte di quei tre che l'hanno detto.
"Perchè continui a piangere? La Gin che conosco io a questo punto avrebbe tirato fuori le palle"
"Sai che c'è? Che sono stufa di essere io quella forte, che sono stufa di dover tenere su io gli altri quando cadono. C'è che sono stufa che questo Dio si stia divertendo con me. Bene, io non mi diverto più. Non è poi tanto divertente la faccenda di essere la psicologa di tutti"
Mi resi conto che avevo esagerato, Vale si rese conto che la situazione stava degenerando. Decidemmo di far finta che non fosse successo niente, che era solo una sana conversazione. Mi uccideva dentro.

Intanto i ragazzi ancora seduti al tavolino di quella gelateria di periferia, parlavano. Stavano parlando della spontaneità di Gin. Che era una ragazza che non colpiva, all'inizio, che rimaneva nell'ignoto. Di certo non era una di quelle ragazze che se le vedi passare per strada, vorresti conoscere. Ma dentro lui, dentro Tia, aveva lasciato qualcosa. E pensare che tutto il giro che Gin aveva fatto nella sua testa era partito da una sua foto su Facebook. Tia l'aveva vista proprio bella per la prima volta.
Da tempo non stava con una ragazza, baci occasionali, brevi mordi e fuggi. Storie serie non ne aveva mai avute. Non aveva mai amato qualcuno, escluso sua madre e sua sorella, ovvio. Ma quello è comunque un amore diverso poi. Ora era Tia ad essere in bambola. Non vedeva l'ora delle vacanze estive per poter passare un pò di tempo con Lei, che non vedeva mai perchè s'era trasferita dall'altra parte della città. 
Mancava solamente una settimana, ce l'avrebbe fatta. Dentro di se penso che non era poi tutto questo tempo.

Gin intanto, rincorreva le farfalle in quel parco di periferia, aveva come sempre il suo IPod nelle orecchie. Lei e Vale erano due anime libere, non ribelli ma con la voglia di fare e cambiare le situazioni che non gli piacevano. 
I capelli di Gin al sole erano ramati e gli occhi erano di quel verde che rimani a bocca aperta quando li vedi. 
Vale, al contrario di Gin, aveva dei capelli che non riflettevano niente alla luce, e quegl'occhi bellissimi che rimanevano color della terra, anche se lei li chiamava in altro modo.
Ecco che così, tra una rincorsa dietro una farfalla, una canzone di Ligabue e un sorriso rubato, si fecero le 19:00.
"Vale cazzo, è tardissimo. Devo tornare a casa"
"Okay, t'accompagno"
"Grazie, sei un tesoro"
"Figurati, dopo devo andare in palestra"
"Grazie Vale"

Passarono ancora davanti a quella gelateria, Gin aveva il cuore in gola vedendo Tia che le veniva incontro. Era come se nell'arco di tre ore Fili fosse sparito dalla sua testa. Significava che non era poi tanto importante, e che ci dava peso solamente perchè in quel momento si sentiva sola, e voleva star con qualcuno. E quando stava con Lui stava bene, quindi ne aveva riposto le speranze che però restavano vane. 
Le farfalle che prima rincorreva, ora le sentiva nello stomaco.


giovedì 21 aprile 2011

4- "Quanto fa 2x-x?"

Tia stava arrivando con il suo passo accelerato e veloce. Con il suo passo che indica che di dolore nella vita ne ha provato tanto e ora tenta di sfuggirne. 
Lo guardo ancora. E' impossibile non soffermarsi sulla sua bellezza. Tirai un'occhiata a Vale, che era segno di "Questa me la paghi", ma dentro me infondo ero felice. Mi è sempre un  pò piaciuto, ma non abbiamo mai avuto il tempo di conoscerci come avremmo dovuto. 
L'avevo incontrato l'estate prima in Sardegna, alla Grotta dei Baci per la precisione.
"Gin????"
"Tiaaa?"
"Che cazzo ci fai qua!"
"No beh veramente ci vengo da tutta una vita. Ho i parenti"
"Ahh, vabbè che sorpresa!"
"Non dirlo a me"
"Vabbè, uno di sti giorni ci becchiamo e facciamo un giro"
"Come vuoi"
Penso che il sorriso sulle mie labbra tutti i miei amici con cui ero l'abbiano notato, come il tremare delle ginocchia infondo.
Ero un misto di emozioni: contenta per averlo visto, incazzata perchè sembrava che Dio lo facesse apposta a mettermi in situazioni imbarazzanti, e infine sorpresa. Si, sorpresa del suo atteggiamento.

"Ciao Gin"
"Ah ciao Tia"
"Cos'eri in bambola?"
"No no qualche pensiero, tranquillo"
"Okay"
Tirai un'altra occhiata a Vale, che stava a dire "Che cosa faccio ora?"
Non avevo la più pallida idea di che cosa dovevo fare: perdermi ancora con la testa tra le nuvole e cercare di instaurare un discorso sano e costruttivo?
Devo ancora capire perchè la mia testa optò per la seconda, ma quello è un caso a parte.
"Allora Tia, cosa mi racconti?"
"Eh, mi hanno dato il debito in matematica quei stronzi di prof"
"Ahia, ma è l'unico debito?"
"Si si, speriamo di superarlo, va."
"Massì, tranquillo"
"A proposito Gin, ho una domanda"
"Si, dimmi"
"Quanto fa 2x-x?"
"x, perchè?"
"No, niente"
Oddio che domanda banale, pensai dentro di me. Vale se ne accorse, e mi fece gesto che era solo un modo per instaurare un rapporto tra noi. O meglio, per cercare di parlarci almeno.
E mi ero sorpresa del modo in cui parlare con Lui fosse diventata la cosa più semplice del mondo. Son sempre stata timida, con Lui in particolare. 
Avevo voglia di parlare con Lui, gli argomenti però scarseggiavano e allora Vale tirò fuori l'argomento vacanze. 
Quell'estate saremmo tutti andati insieme in montagna, per due settimane. Ero all'oscuro che sarebbe venuto anche Tia, questo Vale si era riservata dal non dirmelo.
"Si ci sono anche io"
Le parole di Tia erano come una doccia fredda subito dopo mangiato. Mi bloccarono un malloppo nello stomaco che facevo fatica a far sparire. E non so il perchè, o il per come ma quel malloppo era come un peso di 100 kg. 
Sapevo che sarebbe successo qualcosa, e ancor di più sapevo che avrei pianto. Non volevo piangere durante quelle vacanze, volevo solamente trovarmi bene con i miei amici a ridere e scherzare di fronte a una buona cioccolata calda. Non chiedevo altro. Invece avrei passato le mie serate chiuse in camera a piangere perchè alla fine Lui non avrebbe voluto niente di serio.
"Riprenditi Gin, riprenditi" queste le parole dentro la mia testa. Senza neanche accorgermene iniziai a piangere.
"Cazzo, odio piangere"
Vale chiese subito cos'avessi. Addossai la solita scusa del nonno morto e mi sentii una merda in quel momento. Volevo urlare al mondo che ero una cogliona, lei me lo impedì.